lunedì 24 ottobre 2011

LA LEADERSHIP DEI MORMONI: ONORARE I "FOLLOWERS"











La differenza fra la parola “follower” (seguace) e la parola “membro” sta nel fatto che i followers sono quei membri che seguono la leadership della Chiesa mentre, normalmente, per membri si intende tutte le persone iscritte alla Chiesa comprensive pertanto anche di coloro che si sono allontanati.
La parola “follower” viene usata per definire le persone che seguono la leadership di un gruppo organizzato pertanto, l’esaminare il loro comportamento ci dà la misura dell’efficacia o meno della leadership che li guida.
Molte persone valutano la leadership direttamente osservando l’operato della stessa in base a concetti tradizionali di dirigenza come la buona organizzazione, i risultati materiali, la buona riuscita delle attività, ecc. quando, invece, ciò che veramente conta, cioè i risultati sulla crescita delle persone, si evidenziano maggiormente e con ampia casistica di dettagli importanti osservando direttamente i followers.
Esaminare il comportamento dei followers significa fare un’analisi più approfondita delle cause che stanno alla base del successo o del fallimento della leadership ed acquisire insegnamenti ed esperienze che possono aiutare le leaderships della Chiesa, quella delle unità locali in quanto più vicina ai membri, ad orientarsi sempre di più alla pastoralità anziché ad un atteggiamento di comando che è l’antitesi degli insegnamenti di Gesù Cristo.

Nel capitolo 21 del Vangelo di Giovanni, Gesù dà per tre volte a Pietro un incarico: “pasci le mie pecore”. Il verbo “pascere” vuol dire nutrire, pertanto un pastore, cioè un leader della Chiesa, è chiamato ad avere l’obbiettivo di nutrire i membri con sani principi, così come faceva Joseph Smith, che diceva: “Io insegno loro i principi giusti e poi lascio che si governino da soli”.
Durante il mio servizio nella Chiesa, ho vissuto molte edificanti situazioni di questo tipo poiché i dirigenti, con questo stile dirigenziale, mi hanno nutrito aiutandomi indirettamente a rafforzare la mia testimonianza e a comprendere come un dirigente della Chiesa possa concretamente diventare il “pastore”, senza mai usare la costrizione psicologica verso i followers, ma esercitando nei loro confronti il vero amore di Cristo.

Questo capitolo è stato elaborato utilizzando i concetti scritti in un libro di Stephen R. Covey (1): un mormone di Salt Lake City che ha lavorato alla Brigham Young University come professore di Comportamento organizzativo e Business management. Egli è stato coinvolto in molti addestramenti tenuti a diversi gruppi ed istituzioni, inclusi tra loro diverse autorità generali della Chiesa. È considerato a livello internazionale un autentico guru nelle tematiche manageriali, in particolare della leadership e dello sviluppo personale.

Le Autorità Generali della Chiesa, nel farsi addestrare da un professore universitario che utilizza cultura secolare per portare i suoi insegnamenti, rafforzano il concetto espresso da Joseph Smith: “Ricercate nei migliori libri le cose vere della vita”.
È importantissimo leggere le Sacre Scritture cercando la guida dello Spirito per una mente aperta, e poi saper valutare e attingere dalla cultura secolare il meglio che essa può fornirci ed aiutarci a raggiungere obbiettivi personali più specifici e pertinenti del periodo in cui viviamo.
Così facendo, l’individuo ha l’opportunità di progredire, grazie a queste opere letterarie, non solo, ma va a riconoscere il potere del Signore di operare per mezzo dello Spirito di rivelazione sulle menti di questi autori per il progresso della società nei più svariati campi culturali.

Fra le tante domande che Covey si pone, desidero evidenziarne tre:
a) come possiamo “mettere a frutto” la creatività, il talento e l’energia dei nostri migliori collaboratori, se non viene richiesto, né ricompensato, tale contributo?
b) come possiamo creare una squadra fondata sul rispetto reciproco, quando sono poche le persone che apprezzano veramente la diversità e il pluralismo?
c) come possiamo mantenere il controllo, pur concedendo alle persone la libertà e l’autonomia di cui hanno bisogno per essere efficaci e gratificati nel loro lavoro?
Queste tre domande ci rammentano le problematiche più significative che a volte si riscontrano: apatia, mancanza di creatività, emarginazione del diverso, metodologie operative calate dall’alto, controllo diretto, ecc.

Perché le persone seguono i leaders
Per comprendere a fondo l’approccio proficuo di una leadership, bisogna concentrarsi sul perché i followers seguono i leaders.
Queste motivazioni sono varie e complesse e possono essere esaminate da tre prospettive diverse.

1) Le persone seguono i leaders per timore: temono ciò che potrebbe accadere loro se non fanno ciò che è stato richiesto. Questo è “potere coercitivo” in quanto la coercizione che la persona subisce genera in essa un timore, che qualora non obbedisca, qualcosa di brutto possa accadergli oppure che qualcosa di bello le sia tolto. Pertanto o accettano la volontà altrui o dimostrano una fedeltà che dentro di loro invece non esiste, e il loro impegno è gioco forza superficiale, il quale gli impedisce di crescere come individui. In definitiva, il potere coercitivo è basato sul timore del leader e su quello del seguace. I leaders lo usano quando hanno paura di non ottenere obbedienza: l’approccio del “bastone”. Un classico esempio di come si rafforza il potere coercitivo di un leader è dato dall’estromettere un follower con voluta platealità da un incarico affidatogli per avvertire gli altri. “Puniscine uno e ne educhi 100”. Ma l’efficacia del potere coercitivo è un’illusione. Il potere coercitivo genera un fardello psicologico emotivo sia sul leader, che sul follower. Porta al sospetto, all’inganno e alla disonestà. Aleksandr Solzhenitsyn osservò: “Hai potere sulle persone fino al momento in cui non porti via tutto: quando un uomo è derubato di tutto, non è più in tuo potere: è di nuovo libero”.
Quando un follower viene “derubato” della fiducia che inizialmente aveva nel suo dirigente è derubato anche del desiderio di obbedire intaccando quel principio che recita: “L’obbedienza è la prima legge del cielo” e cioè proprio quel principio che il leader voleva ottenere col suo stile basato sulla coercizione, ovvero sulla gestione basata sul controllo e la paura di sbagliare.

2) Un'altra prospettiva è quella che si evidenzia nei followers che seguono i leaders per i benefici che ricevono. Questo è il “potere utilitaristico” in quanto il potere del rapporto si concretizza nello scambio utile di beni e servizi. I followers hanno qualcosa che il leader vuole: ciò può essere tempo, energia, risorse personali. I leader hanno invece a disposizione promozioni ad altri incarichi, coinvolgimento, opportunità, ecc. Il potere utilitaristico è basato su un potenziale di scambio di tutto ciò. Finché i followers sentono che stanno ricevendo in giusta misura, rispetto a quello che danno, la relazione sarà mantenuta in quanto si avrà un senso di equità e correttezza. L’obbedienza basata sul potere utilitaristico deve essere più influenza che controllo. L’essere follower è ancora di natura reattiva quando si basa sul potere utilitaristico, ma la reazione tende ad essere positiva anziché negativa. Molto spesso le relazioni basate sul potere utilitaristico portano all’individualismo piuttosto che al lavoro di gruppo, perché ciascun individuo ottiene un rinforzo nel momento in cui pone attenzione ai suoi desideri.

3) Un'altra prospettiva è diversa dalle altre due. Si basa sul potere che alcune persone hanno con altri, perché quest’ultimi tendono a credere in loro e in ciò che stanno cercando di realizzare. In sostanza gli altri si fidano di loro. Sono rispettati. Sono onorati, vogliono credere in loro e nella loro causa. Questo è il “potere centrato sui principi”. Quasi tutti abbiamo fatto esperienze di questo tipo di potere; per esempio, quando qualcuno ci ha dato un’opportunità di crescita o ci ha incoraggiato quando le cose non andavano bene o era semplicemente disponibile quando ne avevamo bisogno. Covey scrive: “Il potere centrato sui principi è raro. È un segno di qualità, distinzione ed eccellenza in tutte le relazioni. È basato sull’onore, con il leader che onora il follower e questo che sceglie di contribuire perché anche il leader sia onorato. Il marchio distintivo del potere centrato sui principi è l’autorevolezza mantenuta e proattiva…. Essere proattivi significa fare, continuamente, scelte basate su valori forti. Il potere centrato sui principi si crea nel momento in cui i valori dei followers e i valori del leader coincidono. Il potere centrato sui principi non è forzato; è condiviso, perché i programmi personali del leader e del team sono racchiusi in uno scopo più grande. Il potere centrato sui principi avviene quando sia i leaders, sia i followers credono fermamente nella causa, nello scopo o nell’obbiettivo.”
Nel potere centrato sui principi, il controllo è apparente, ma non è esterno: è autocontrollo.

Da questa sintetica visione delle diverse leaderships possiamo concludere che il potere incentrato sui principi dovrebbe essere sempre e in ogni occasione l’unico stile di potere perseguito da ogni dirigente della Chiesa.

I quattro paradigmi manageriali di Covey
Descrivendo quattro paradigmi (stili) manageriali di base Covey premette che tre di questi sono modelli difettosi in quanto basati su falsi presupposti sulla natura delle persone.

a) Il paradigma del management scientifico
Se usiamo questo modello vediamo le persone come corpi fisici ed economici. In questo caso le persone vengono motivate con il metodo della carota e del bastone. È il capo ad avere il controllo su di loro. È lui l’autorità e l’elite. È il capo a sapere ciò che è meglio. Tutto è utilizzato per andare incontro ai bisogni del corpo.
La teoria della natura umana rispondente a questo modello è la teoria dell’uomo economico. Il manager, che avrà uno stile autoritario, si vede come manipolatore di un pacchetto di ricompense economiche, per ottenere il comportamento desiderato.

b) Il paradigma delle relazioni umane
Con questo modello riconosciamo che le persone non sono solo corpi ma anche cuori in quanto hanno sentimenti. Il trattamento che riserviamo per loro sarà basato sulla correttezza, gentilezza, cortesia, civiltà e decenza.
In questo modello pertanto si ha un cambiamento dall’essere autoritario all’essere un autoritario benevolo.
Il modello si basa sulla teoria dell’uomo socio-economico in quanto le persone oltre ad avere dei bisogni economici hanno anche dei bisogni sociali.
Tutto ciò è alla base delle relazioni umane.
Il comando è sempre del management che continua a prendere decisioni e dare ordini fornendo opportunità alle persone di lavorare insieme e conoscersi meglio tramite situazioni sociali e ricreative.

c) Il paradigma delle risorse umane
In questo modello si lavora con giustizia, con gentilezza e con efficienza. Comprendiamo che le persone oltre al corpo e al cuore hanno anche una mente, cioè sono esseri pensanti. Usiamo meglio i loro talenti, la creatività, l’iniziativa e l’immaginazione.
Il management comincia a delegare di più.
Cominciamo a comprendere che le persone sono la risorsa principale in quanto hanno cuore e mente. Sperimentiamo dei modi per creare un ambiente ottimale e una cultura che attinge al loro talento e rilasci la loro energia creativa. Le persone vogliono che il loro talento sia identificato, sviluppato, utilizzato e riconosciuto.
A un certo punto ci rendiamo anche conto che le persone sono anche esseri psicologici in quanto hanno bisogno di crescere e svilupparsi e di contribuire effettivamente e creativamente al raggiungimento di obbiettivi validi.
Le persone sono viste come esseri economici, sociali e psicologici.

d) La leadership centrata sui principi
In questo modello si lavora con giustizia, gentilezza, efficienza ed efficacia. Si lavora con tutta la persona. Le persone sono anche esseri spirituali ed esse vogliono il significato di fare qualcosa che conti. Ci devono essere scopi che le elevino e le rendano più nobili.
In questo modello le persone vengono gestite attraverso principi comprovati.
Questi principi sono le leggi naturali, i valori sociali e i valori spirituali. Si manifestano sotto forma di valori che elevano e ispirano. Le persone gridano “Credi in me”.
Le persone vivono all’altezza della percezione che abbiamo di loro.
Il follower dietro la scrivania dovrebbe essere trattato come il cliente davanti alla scrivania. Non è niente di meno che uno spostamento di 180° nel modo in cui pensiamo al management e alla leadership.
I modelli del passato hanno visto il manager come poliziotto, arbitro, avvocato del diavolo, mister no, ecc. Oggi le denominazioni che ci sembrano più appropriate nelle aziende eccellenti sono il manager e il leader, come cheerleader, come allenatore, come facilitatore, come allevatore di campioni.
I leader centrati sui principi incoraggiano la partecipazione al processo decisionale in quanto le persone vogliono essere gestite dai principi e trattate come persone intere (corpo + cuore + mente + spirito).

Lo stile del manager scientifico (corpo) dice: “Pagami bene”.
Lo stile delle relazioni umane (cuore) dice: “Trattami bene”.
Lo stile delle risorse umane (mente) dice: “Usami bene”.
Lo stile della leadership centrata sui principi (spirito) dice: “Credi in me”.


Un celebre scrittore, Hans Selye, ha commentato: “I leader sono tali solo fino a quando hanno il rispetto e la fedeltà dei loro followers”.
La scelta fondamentale della leadership, che determinerà più o meno l’accettazione da parte dei followers, è decidere la base del potere: coercizione, utilitarismo o principi. La scelta sarà delimitata dal carattere del leader (chi è veramente) e dalle sue capacità interattive e competenze. In D&A 121:36-37 si legge:
“Che i diritti del sacerdozio sono inseparabilmente connessi con i poteri del cielo, e che i poteri del cielo non possono essere controllati né adoperati se non in base ai principi della rettitudine. Che essi possono essere conferiti su di noi, è vero; ma quando cominciamo a coprire i nostri peccati, o a gratificare il nostro orgoglio, la nostra vana ambizione, o a esercitare controllo, o dominio, o coercizione sull’anima dei figliuoli degli uomini con un qualsiasi grado di ingiustizia, ecco, i cieli si ritirano, lo Spirito del Signore è afflitto; e quando si è ritirato, amen al sacerdozio, ossia all’autorità di quell’uomo.”

Il leader che desidera aumentare il potere centrato sui principi deve impegnarsi a lungo termine. La fiducia nelle relazioni, che è il fondamento del potere centrato sui principi, non può essere fabbricata ad hoc. Non si può fingere sincerità a lungo. Alla fine i leader si scoprono. E ciò che il leader è, oltre a ciò che può fare ai o per i followers, determina definitivamente la profondità del potere centrato sui principi che ha.

Gli strumenti
Gli strumenti che i leader possono utilizzare per aumentare la loro influenza sono:

- PERSUAZIONE, che significa condividere ragioni e razionalità, adducendo valide motivazioni a sostegno della propria posizione o del proprio desiderio, mantenendo allo stesso tempo un rispetto sincero per le idee e i punti di vista dei followers.
- COMUNICARE non è questione di intelletto, quanto piuttosto di fiducia e accettazione dei followers, delle loro paure e sentimenti, accettazione del fatto che sono tutti diversi e che dal loro punto di vista hanno ragione.
- EMPATIA, significa calarsi nella mente e nel cuore dei followers per vedere il mondo come lo vedono loro. Non significa sentire ciò che sentono loro. Quella è compassione. Significa invece capire come si sentono sulla base di come vedono il mondo. Un atteggiamento empatico è enormemente attraente perché vi tiene aperti e i followers sentono che state imparando e che siete influenzabili. La chiave per avere influenza sui followers è che loro sentano che hanno influenza su di voi. Usando empatia impareremo della totale inutilità di usare la mente per dominare il cuore. Ci sono due lingue: quella della logica e quella dell’emozione e che la gente si comporta di più sulla base di ciò che sentono piuttosto che di ciò che pensano.
- PAZIENZA, con il processo e la persona. Nonostante i fallimenti, le difficoltà e gli inconvenienti creati dai followers, e la vostra impazienza e ansia di raggiungere i risultati, mantenete un punto di vista di lungo termine e rimanete impegnati per i vostri obiettivi, nonostante ostacoli e resistenze a breve termine.
- GENTILEZZA, non severità, durezza e forza quando dovete gestire le vulnerabilità, i segreti e i sentimenti che i followers potrebbero esprimere. Sensibili, accoglienti, premurosi, ricordandovi le piccole cose, che sono cose grosse, nelle relazioni.
- POSSIBILITA DI INSEGNARE, che significa operare con il presupposto che non avete tutte le risposte, che non capite tutto e valutando i diversi punti di vista, giudizi ed esperienze che i followers possono avere.
- ACETTAZIONE, trattenendo il giudizio, dando il beneficio del dubbio, senza richiedere prova di una performance specifica come condizione per sostenere un alto senso del valore del singolo, facendone il vostro programma quotidiano.
- DELEGARE, la delega efficace richiede coraggio emotivo, mentre consentiamo, in una misura o nell’altra, ai followers di fare errori. Questo coraggio consiste in pazienza, autocontrollo, fiducia nel potenziale degli altri e rispetto nelle differenze individuali.
- APERTURA, con l’acquisizione di informazioni e prospettive sui followers, per come dovrebbero diventare, rispettandoli per quello che sono adesso e tenendo in piena considerazione le loro intenzioni, desideri, valori e obiettivi piuttosto che concentrandosi esclusivamente sul loro comportamento.
- CONFRONTO COMPASSIONEVOLE, riconoscendo gli errori e il bisogno che i followers si correggano cammin facendo, in un contesto di relazione, cura e calore genuini, facilitando il desiderio dei followers di rischiare.
- COERENZA, in modo che il vostro stile di leadership non sia una tecnica manipolatoria da mettere in gioco quando non trovate la via, quando dovete affrontare crisi o sfide, o vi sentite in trappola.
- INTEGRITÁ, facendo aderire onestamente le parole e i sentimenti con pensieri e azioni, senz’altro desiderio che il bene degli altri, senza malizia o desiderio di ingannare, usare, manipolare o controllare.
- RICOSTRUIRE una relazione con un follower senza fare alcun cambiamento fondamentale nella nostra condotta o nel nostro atteggiamento è inefficace. Se il nostro esempio è segnato dall’insincerità o dalla manipolazione nessuna tecnica “conquista amici” funzionerà. Emerson disse: “Ciò che sei mi urla così forte nelle orecchie, che non riesco a sentire ciò che dici”. Pertanto dimostrare coerenza e sincerità.

La leadership della Chiesa centrata sui principi
Lo stile dirigenziale centrato sui principi, nella Chiesa, si può anche considerare come un aspetto che contribuisce a raggiungere il potere della rivelazione. In D&A 121:45-46 si legge:
“Che le tue viscere siano inoltre piene di carità verso tutti gli uomini e per la famiglia dei credenti, e la virtù adorni i tuoi pensieri senza posa; allora la tua fiducia si rafforzerà alla presenza di Dio; e la dottrina del sacerdozio si distillerà sulla tua anima come una rugiada del cielo.
Lo Spirito Santo sarà tuo compagno costante, e il tuo scettro, uno scettro immutabile di rettitudine e di verità; e il tuo dominio sarà un dominio perpetuo, e senza mezzi coercitivi fluirà verso di te per sempre e in eterno.”
Infatti il potere della rivelazione nei consigli si raggiunge allorché alla base ci siano i giusti valori come l’amore e la fiducia reciproca nonché il giusto esempio. In questo modo si raggiunge anche quel concetto di “consenso comune” (unanimità nelle decisioni) tanto importante nel mormonesimo. Il requisito dell’unanimità è una garanzia contro le antipatie o le preferenze personali, è una garanzia che è Dio che governa per mezzo dello Spirito, e non l’uomo per mezzo del principio della maggioranza o del compromesso; è insomma una garanzia contro le debolezze umane. È una garanzia verso quei dirigenti che tendono a personalizzare la loro chiamata e strumentalizzare i membri.

Molti dirigenti della Chiesa hanno questo stile centrato sui principi e sono quindi in grado di dare alle persone la possibilità di migliorare e di conseguenza aiutarle ad essere più felici e si mettono essi stessi nella posizione di crescere. Molte volte in 33 anni di permanenza nella Chiesa ho potuto fare, sia da follower che da leader, quest’ edificante esperienza. E quando si vive ciò ci si rende conto del grande potere potenziale che la Chiesa ha al suo interno: è il potere che elimina i fardelli psicologici del comando, dell’obbedienza coercitiva e del controllo fatto sulle persone realizzando così Sion, cioè l’unione di tutti i fedeli diventando così tutti followers di Gesù Cristo.

Quando un dirigente della Chiesa onora un follower non è l’uomo che onora un altro uomo ma essendo questo dirigente chiamato a servire da Dio e nel Suo nome è pertanto Dio che attraverso un suo dirigente degno della Sua guida onora il suo seguace. Col verbo “onorare” si deve intendere tributare omaggio, ossequi a persona degna, rendere onore con formule di cortesia come per es. “mi onora della sua amicizia” cioè rendere degno della massima considerazione il follower portandogli rispetto e mostrandogli stima, avendo per lui un sentimento di soddisfazione e ricevendo a sua volta lo stesso onore. Senza questo rapporto basato sull’onore non ci sarebbe pastoralità ma rimarrebbero solo gli stili derivanti dal potere coercitivo e utilitaristico.

Le fondamenta di una leadership fondata sui principi sta nella gente e nelle relative relazioni. Se ignorassimo queste fondamenta, le nostre iniziative di miglioramento della comunicazione fallirebbero. La comunicazione efficace si costruisce col “cemento della fiducia”. La fiducia è basata sull’affidabilità e nell’onorare i followers che sono le fonti del potere spirituale ed economico della Chiesa.
Gesù per onorare i suoi followers lavò loro i piedi. Sono convinto che con questo atto la fiducia degli Apostoli che nutrivano per Lui crebbe enormemente, questo esempio riportato nella Bibbia ha dato e da tuttora grande onore al nostro Salvatore.
La fiducia è l’unica cosa che può cambiare veramente la nostra vita, i nostri rapporti e il nostro impegno. Se non c’è fiducia, non ci sono le basi per un successo permanente.

Con queste istruzioni formulate da Stephen R. Covey “Il potere che allora potremmo esercitare non sarà più il potere della coercizione, ovvero della gestione basata puramente sul controllo e sulla paura di sbagliare, non sarà nemmeno il potere utilitaristico, in cui le cose si ottengono in quanto esiste un tornaconto personale per la controparte. Sarà il Potere Centrato sui Principi, che genera la capacità di dare un senso al proprio ruolo e al proprio lavoro.” (Barbara Calvi – Master Trainer FranklinCovey)

La Chiesa di Gesù Cristo usa invitare ogni dirigente a riflettere e ad imparare a memoria la scrittura che si trova in Dottrina e Alleanze 121:34-46 che evidenzia che molti sono chiamati ad essere dirigenti ma pochi sono scelti in quanto, per essere veri dirigenti, occorre perseguire il più alto stile dirigenziale basato sul reale servizio al prossimo.


NOTE:
(1) Stephen R. Covey è considerato a livello internazionale un autentico guru sulle tematiche manageriali, sulla leadership e lo sviluppo personale. Consulente organizzativo, fondatore del Covey Leadership Center e co-presidente della FranklinCovey Co., è stato professore di Comportamento organizzativo e Busines management alla Brigham Young University, dove ha lavorato anche come direttore delle relazioni dell’Università. Ha scritto diversi libri di fama mondiale fra cui “La leadership centrata sui principi” (Editore Franco Angeli) dal quale sono stati tratti i concetti esposti in questo capitolo. I suoi libri tradotti in 28 lingue sono venduti in 50 paesi. La Franklin Covery Co di Salt Lake City è rappresentata in Italia dalla Cegos Italia S.p.A. www.franklincovey.cegos.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

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