giovedì 19 febbraio 2009

IL CAPODOGLIO DI GIONA



Un indicazione utile
Nel libro “Sixty-Theree Years of Engineering” viene riportata dall’autore Francio Fox una storia di pesca che ci può aiutare a far luce sull’inverosimile storia biblica di Giona che viene inghiottito e poi salvato da un pesce.
La storia veramente accaduta descritta da Fox si svolge nel febbraio del 1891 presso le isole Falkland. La baleniera Stella d’Oriente avvistò un grande capodoglio e subito dopo due scialuppe furono calate in mare. Iniziò la caccia e uno dei marinai arpionò il grande cetaceo, mentre l’altra scialuppa fu capovolta da un suo colpo di coda e i marinai gettati in mare. Uno di questi annegò e l’altro, un certo James Bartley, fu dato per disperso.
Il capodoglio fu ucciso e issato sul battello dove i marinai cominciarono a sezionarlo, per recuperare il grasso. Questa operazione durò tutto il giorno e una parte della notte. Il mattino successivo lo stomaco del cetaceo fu alzato con un paranco e i marinai furono attirati da qualcosa che si muoveva all’interno dello stomaco. Intervenuti subito vi trovarono James Bartley piegato in due ed incosciente. Gli fu gettato addosso un secchio d’acqua che lo rianimò rapidamente.
Successivamente Bartley raccontò che egli avrebbe potuto vivere nello stomaco del capodoglio fino a morire di fame in quanto egli svenne per paura e non per mancanza d’aria. La sua nuova casa era molto calda ed il succo gastrico cambiò il colore della pelle che ricopriva le mani il collo ed il viso in una tinta simile a quella di una pergamena.
Questa storia fu successivamente avvallata anche da due studiosi francesi, uno dei quali molto coscienzioso, M. De Parville editore scientifico del “Journal des Débats”.

Il pesce
Nel corso dei secoli molti scrittori hanno cercato di spiegare come poteva essersi realizzata la storia del profeta Giona. Alcuni hanno sostenuto che il grande pesce fosse uno squalo, mentre altri ritenevano che si fosse trattato di una grossa balena. Entrambe queste ipotesi, però, sono decisamente da scartare.
Infatti, non poteva essersi trattato di uno squalo, in quanto il povero Giona sarebbe stato fatto subito a pezzi dalla potente dentiera di questo pesce.
Non poteva d’altronde essersi trattato di una balena tipo “musculus” in quanto questi cetacei presentano all’imbocco della gola dei fitti fanoni, cioè delle lamine di cheratina che le conferiscono una certa elasticità e sono organizzati su due file parallele, simili a spessi denti di pettini per capelli. Questi fanoni sono lunghi anche 3,5 metri. Da questa barriera possono passare solo piccoli animali sospinti dalla grande lingua del cetaceo. Se Giona fosse stato intrappolato nella bocca di una grande balena, sarebbe stato schiacciato contro i fanoni dalla forte pressione della lingua. Inoltre la gola di una balena è molto piccola ed avrebbe grosse difficoltà ad ingoiare un uomo.
Poteva, invece, essere stato benissimo un grande capodoglio come quello che aveva inghiottito il marinaio James Bartley.

Il capodoglio è un mammifero che per respirare deve salire in superficie e aspirare grosse quantità di aria. Non può stare immerso per più di qualche ora in quanto morirebbe per annegamento. Esso è caratterizzato da una testa molto grande, un terzo della lunghezza totale. Oggi questo cetaceo può anche arrivare a lunghezze di circa 18 metri ed un peso di 50 tonnellate. Nel museo di Nantucket si trova esposta una mandibola di capodoglio di 5,5 metri pertanto in proporzioni questo cetaceo in passato poteva arrivare anche ad una lunghezza di 28 metri e pesare 150 tonnellate. Esistono numerosi altri esempi di capodogli di grandi dimensioni. Oggi, a causa della continua caccia che questi pesci subiscono da parte delle baleniere, non riescono più ad arrivare a queste dimensioni. Alcuni specialisti sostengono che un capodoglio può inghiottire bocconi anche di 2 metri e 40 di diametro.
Per cacciare, il capodoglio nuota con la sua mascella inferiore inclinata verso il basso, simile ad una rete a strascico e le prede entrano facilmente dentro la gola che si presenta come una grande caverna. Il capodoglio vive essenzialmente di calamari giganti che molto spesso, nel suo ventre, sono stati ritrovati interi. Un capodoglio di 18 metri ha una bocca lunga di 6 metri, alta 4,60 e larga 2,70.

Il capodoglio è molto presente nelle acque del Mediterraneo. Addirittura il Mar Ionio, che si trova sulla rotta seguita dalla nave di Giona, è stato definito dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare il paradiso dei capodogli (fig. 53).

La vicenda di Giona
Il profeta Giona visse durante il regno di Geroboamo; è possibile collocare la data della sua avventura intorno al 788 a. C.
Giona era di Gath-Hefer, nel territorio della tribù di Zabulon, situata a circa due miglia romane da Sepphoris, verso Tiberia.
Al fine di sottrarsi all’ordine divino di proclamare la parola di Dio a Ninive, Giona cercò di fuggire a Tarsis (Tartasso in Spagna vicino allo stretto di Gibilterra) cioè nella direzione opposta a Ninive.
Giona si imbarcò su una nave nel porto di Joppa (l’attuale città di Jaffa).
Durante il viaggiò si scatenò una forte tempesta al punto che la nave rischiava di sfasciarsi. I marinai si spaventarono e gettarono in mare le mercanzie che erano a bordo per alleggerire la nave. La tempesta continuava ad imperversare sempre più forte ed allora si domandarono a causa di chi il Signore mandava loro questa disgrazia. Siccome quegli uomini sapevano perché Giona scappava dal cospetto dell’Eterno gli chiesero cosa dovevano fargli. Giona l’invitò a gettarlo nel mare affinché esso si calmasse.
I marinai presero Giona e lo gettarono nel mare e così la furia del mare si calmò.
Giona fu inghiottito da un gran pesce e stette nel suo ventre per tre giorni e tre notti finché il pesce vomitò Giona sull’asciutto.

L’interpretazione
Contrariamente a molti scettici che vedono questa storia irreale, sono tuttavia descritti nella Bibbia alcuni dettagli che sembrano essere messi lì apposta per spiegare quest’apparente favola a coloro che indagano con sincero intendimento per comprenderne la realtà.

1) “… e gettarono a mare le mercanzie che erano a bordo,…”. (Giona 1:5).
2) “E l’Eterno fece venire un gran pesce per inghiottir Giona; e Giona fu nel ventre del pesce tre giorni e tre notti.” (Giona 2:1).
3) “… e il pesce vomitò Giona sull’asciutto.” (Giona 2:11).

Il primo dettaglio ci dice indirettamente che nel mare intorno alla nave vi erano, molto probabilmente, mercanzie galleggianti che potevano essere inghiottite da un pesce come un capodoglio, che ha l’abitudine di seguire le navi e di drenare le acque per acquisire cibo. È presumibile che alcune di queste mercanzie fossero di difficile digestione, in quanto le navi che partivano da Joppa commerciavano in legno, tessuti tinti con porpora, tinture (queste possono essere anche molto velenose), ricami, vini, oggetti decorativi, avorio ed oggetti di legno intagliati. Queste mercanzie avrebbero potuto causare lesioni o avvelenamenti, e bloccare la digestione del capodoglio.
Quando Giona fu inghiottito all’interno del prestomaco, dove non ci sono ghiandole gastriche (nei cetacei sono presenti tre camere digestive) molto probabilmente il capodoglio cominciava già ad accusare dolori alla pancia a causa delle mercanzie inghiottite.
Tutto questo viene confermato dal fatto che il capodoglio spiaggiò e vomitò Giona. Ora si sa che gli spiaggiamenti di questi animali avvengono sia in caso di morte, o da vivi quando sono afflitti da malattie o da perturbazioni magnetiche. È interessante notare che, una volta che il capodoglio arrivò sulla spiaggia vomitò Giona, e questo testimonia che il capodoglio aveva forti disturbi gastrointestinali. In simili condizioni di salute, l’ andare verso riva voleva dire non annegare (ricordiamoci che il capidoglio è un mammifero e non un pesce e pertanto per respirare ha bisogno di emergere dall’acqua). La spiaggia poteva forse essere la salvezza del capodoglio, ma certamente lo fu per Giona.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie fratello Durazzani per queste informazioni.
Sono sempre molto affascinata da queste notizie che confermano, con concretezza, che il contenuto delle scritture è veritiero.
Sento nel mio cuore che le scritture sono vere, ma quando leggo storie o ricerche moderne che confermano avvenimenti bibblici, mi sento ancora più sostenuta.
Sono anche molto grata per le cartine moderne che mi mostrano dove , nei territori di oggi, erano ubicate le città antiche, o quali percorsi erano stati fatti da profeti o apostoli antichi.
Davvero grazie di cuore per questo lavoro che stai facendo e che condividi con tutti.
Con gratitudine,Sonia Caliò.