mercoledì 30 dicembre 2009

CAMBIARE L'ITALIA

CAMBIARE L'ITALIA
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CAMBIARE L’ITALIA

JOSEPH SMITH: ANTICIPATORE DEI DIRITTI CULTURALI

Il termine «cultura» copre i valori, le credenze, le convinzioni, le lingue, i saperi e le arti, le tradizioni, le istituzioni e i modi di vita tramite i quali una persona o un gruppo esprime la propria umanità e i significati che dà alla propria esistenza e al proprio sviluppo.
Ogni persona ha il diritto di scegliere e di vedere rispettata la propria identità culturale nella diversità dei suoi modi di espressione; questo diritto si esercita in particolare in relazione con la libertà di pensiero, di coscienza, di religione, di opinione e di espressione.
In una sua lettera il profeta Joseph Smith (1805 – 1844) ebbe a scrivere:
“Quando negli uomini osserviamo qualità virtuose, dovremmo sempre riconoscerle, a prescindere dalla visione che essi hanno nel credo e della dottrina, perché sono, o dovrebbero essere, tutti liberi, dotati di diritti inalienabili e dei titoli elevati e nobili delle leggi di natura e di conversione per pensare, agire e parlare come desiderano, nel rispetto dei diritti e dei privilegi di tutte le altre creature, senza infrangerne alcuno. Con tutto il cuore sottoscrivo e pratico questa dottrina”.
Il nostro progresso in tutti i nostri campi di azione ha bisogno di acquisire sempre più informazioni culturali (religione, scienza ed ecc.)per poter gestire la nostra indipendenza e rispettare quella degli altri.
L’identità e il relativo patrimonio culturale, pertanto, sono di primaria importanza. Ogni persona, di conseguenza, ha il diritto di accedere a tutte le informazioni culturali che ritiene utili per lo sviluppo del proprio pensiero.
Joseph Smith, il profeta della restaurazione del Vangelo, prima di subire il martirio, ebbe a dire:
“Provo i sentimenti più liberali e un sentimento di carità verso tutte le sette, i partiti e le denominazioni. Considero i diritti e le libertà di coscienza quanto più sacri e cari. Non disprezzo alcun uomo per avere un’opinione diversa dalla mia”.
Le due dichiarazioni di Joseph Smith, citate in questo articolo, possono essere considerate oggi affermazioni illuminate, a sostegno dei diritti culturali della persona enunciati nell’attuale carta di Friburgo.

FILIPPO MAZZEI:
PREDICATORE DELLA LIBERTÁ RELIGIOSA

Sono passati più di due secoli da quando l’italiano Filippo Mazzei (1730 – 1816), inviato da Thomas Jefferson, predicava nelle chiese della Virginia in merito alla libertà religiosa, contribuendo così alla divulgazione di quei principi di libertà poi enunciati nella Costituzione americana. Celebre la sua frase, poi fatta propria da Thomas Jefferson:
“Tutti gli uomini sono per natura ugualmente liberi ed indipendenti, e tutti gli uomini sono uguali”.
La libertà religiosa, che è un presupposto fondamentale per uno Stato veramente laico, in Italia stenta, purtroppo, a decollare, pur avendo noi avuto concittadini, come Filippo Mazzei, così illuminati e decorati da altri come loro patrioti.
Infatti, nella nostra nazione, il laicismo pare concretizzarsi solo in una mistificazione strumentale di parte, molto spesso in contrapposizione ai valori dei credenti, anziché essere quel comportamento che inizia dal riconoscimento di tutti i diritti delle persone e delle loro culture.
La libertà di espressione religiosa è strettamente legata alle libertà di pensiero, di coscienza, d’opinione e di associazione, rientrando così nei diritti culturali citati nella carta di Friburgo.
Alcuni di essi in Italia non sono ancora legalmente e completamente riconosciuti. Per esempio, la libertà religiosa è bloccata da una stratificazione legale che fa emergere di fatto quattro livelli di operatività con una tediosa classificazione dei cittadini (gabbie di libertà) e delle loro conseguenti culture:

- Il 1° è quello che deriva dall’articolo 7 della Costituzione, successivamente modificato con l’Accordo di Villa Madama del 1984, che di fatto favorisce la religione maggioritaria discriminando le altre.
- Il 2° è quello dei culti ammessi derivante dall’articolo 8 della Costituzione ed è relativo alle religioni che lo Stato riconosce tramite apposite intese.
- Il 3° è quello delle comunità religiose che hanno solo un riconoscimento giuridico derivante dall’articolo 19 della Costituzione.
- Il 4° è quello delle religioni che hanno di fatto una scarsissima tutela di libertà di culto, e che sono pertanto in netto contrasto con l’articolo 20 della Costituzione: a queste non è permesso di entrare in un carcere o in un ospedale; dette religioni sono costrette ad intestare i luoghi di culto ad un privato.


ASTENSIONE LEGISLATIVA OBBLIGATORIA PER DIFENDERE LA LIBERTÁ RELIGIOSA

Interessante è il Primo Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, che esprimeva il pensiero dei fondatori della Costituzione americana su importanti diritti della persona:
“Il Congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto; o per limitare la libertà di parola o di stampa, o il diritto che hanno i cittadini di riunirsi in forma pacifica e di inoltrare petizioni al Governo per la riparazione di torti subiti”.
Rilevante è il fatto che gli artefici dei primi dieci emendamenti alla Costituzione americana abbiano deciso di trattare prima il soggetto della religione. I secoli di lotta religiosa nei rispettivi paesi di origine avevano lasciato un’impronta indelebile nella loro mente e nel loro cuore. Erano decisi ad impedire che quelle aspre lotte si ripetessero. La libertà di religione era quindi di primaria importanza, perché questi uomini venivano da paesi dove c’erano leggi contro l’apostasia, l’eresia e la bestemmia, nonché contro il mancato appoggio finanziario alla Chiesa.
La mancata osservanza di queste leggi poteva essere punita con la tortura, la prigione e la morte. Quindi Thomas Jefferson e James Madison si batterono con fervore per sancire la separazione fra Chiesa e Stato.
Il governo non doveva più favorire le gerarchie ecclesiastiche o perseguitare quelli che non erano d’accordo! Si sostenne pure, in modo eloquente, che
la religione non ha bisogno dell’appoggio della legge
e che nessuno dovrebbe essere costretto a pagare tasse per finanziare una religione.
Chi sostiene la promulgazione di leggi che pretendono di regolamentare la libertà religiosa ha solo uno scopo: creare delle strumentali "gabbie di libertà" per gestire politicamente il pensiero spirituale dei cittadini.
Procedere nell'ambito di una presunta libertà religiosa con leggi, leggine e regole dei comuni è una strumentalizzazione politica contro i diritti culturali dell'uomo.

PROPOSTA RIVOLTA AI NOSTRI GOVERNANTI

Negli ambienti politici si sta sempre di più discutendo la necessità di modificare la nostra carta costituzionale ed allora ci permettiamo, al fine di perseguire anche nel nostro paese una reale libertà di religione, di proporre l’adozione di un astensione legislativa obbligatoria così formulata:

“Il Parlamento, nonché tutti gli organi legislativi delle singole regioni, non potranno fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, o per proibire il libero culto; o per limitare la libertà di parola o di stampa, o il diritto che hanno i cittadini di riunirsi in forma pacifica e di inoltrare petizioni al Governo per la riparazione di torti subiti”.

L’adozione di questa norma renderebbe il nostro paese veramente laico, cioè sostenitore dei diritti culturali di tutte le persone presenti sul territorio nazionale (cittadini italiani, cittadini europei e cittadini estracomunitari) uscendo dalla attuale odiosa campagna politica “anticulturale” mediatica.

L’INFORMAZIONE E LA POLITICA

La vera informazione è il presupposto per realizzare quelle forme di libertà che basano i loro diritti sul rispetto e la consapevolezza dell’opinione altrui.
Ogni attore, che non vede nell’informazione culturale pluralistica una visione di crescita della società, è portato a selezionare le informazioni secondo una sua propria visione culturale di appartenenza e a farne un metro di misura settario che lo porta inesorabilmente ad un atteggiamento censorio. Fino ad oggi questa è stata quasi sempre la gestione pubblica della cultura in Italia: ad ogni cambio di colore amministrativo è seguita una segmentazione partitica della gestione delle culture, con contrapposizioni più o meno marcate verso l’espressione religiosa.
L’uomo politico non deve generare una preminenza culturale ma deve essere al servizio dei cittadini e del loro specifico ed inalienabile diritto di identità culturale individuale.

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